
QUEER
È il 1950. William Lee è un americano sulla soglia dei quaranta espatriato a Città del Messico. Passa le sue giornate quasi del tutto da solo, se si escludono le poche relazioni con gli altri membri della piccola comunità americana. L’incontro con Eugene Allerton, un giovane studente appena arrivato in città, lo illude per la prima volta della possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno.
Adattamento dell’omonimo romanzo semi-autobiografico dello scrittore statunitense William Burroughs dal titolo Queer (in italiano Checca – scritto tra il 1951 e 1953, ma pubblicato solo nel 1985 perché considerato troppo “omosessuale” e scandaloso), l’ultima fatica cinematografica di Luca Guadagnino, già presentata allo scorso Venezia 81 e in arrivo nelle sale il 17 aprile prossimo (distribuzione a cura di Lucky Red), è il film più intimo e personale del regista palermitano, una sorta di rilettura a specchio di un libro che si è rivelato decisivo in anni salienti per la formazione identitaria del regista. Un’opera per molti aspetti imperfetta, o semplicemente meno bilanciata di altri lavori, capace però di condensare emozioni e sensazioni finemente e fieramente personali, e di fonderle insieme in un viaggio emozionale e psichedelico alla ricerca di sé stessi, del proprio io e della propria verità (sessuale, ma non solo).